Progetto cofinanziato dal contributo da parte della Regione Autonoma della Sardegna e dal Ministero della Cultura
Il progetto di residenza artistica “Spazi di memoria” è stato elaborato dopo una approfondita riflessione sull’esperienza realizzata negli anni precedenti negli stessi territori della Marmilla e in rapporto con la stessa comunità.
Dopo aver sperimentato i linguaggi contemporanei del teatro danza e della fotografia, del teatro circo nella sua dimensione di relazione si è deciso di mettere al centro del progetto la comunicazione verbale, la parola, il racconto, la narrazione.
E attraverso la narrazione e l’arte del racconto intendiamo perseguire l’obiettivo di riattivare un confronto concreto fra le generazioni di questa comunità. Al centro del progetto, quindi, percorsi artistici (anche multidisciplinari) che sappiano rinnovare un’attitudine all’ascolto nella consapevolezza che la capacità di ascoltare, sia una cosa persa a teatro, ma anche nella vita. La sensazione che qualcosa nella nostra storia può essere raccontato, diventare sangue nostro, vino buono. Quella scena, vuota, con una sedia, o con una piccola postazione, quel grado zero del teatro, appare come una possibilità di ripartenza. Non solo agli attori, soprattutto al pubblico. Che ascolta e dentro sente che qualcosa si sta mettendo a posto nella sua posizione di spettatore, che quella storia sentita a teatro, quella dimensione, quella trasmissione, quel contatto può essere viatico anche per la vita. Soprattutto sente, in maniera confusa, di essere partecipe di un piccolo rito. L’atto dello spettatore della narrazione rimane talvolta sospeso a metà. Perché incontra una storia, se ne imbeve, la fa propria. Però nell’atto della narrazione c’è una promessa sottintesa. Che quella storia ha bisogno anche di essere ri-raccontata, trasmessa. Che esige una posizione attiva dell’ascoltatore. Che gli spettatori, tutti, sono in grado di essere a loro volta artefici di una trasmissione di sapere, di cultura, riprendendo, manipolando, un patrimonio narrativo personale e collettivo apparentemente perso e dimenticato e di cui però, all’interno delle anime, si sente tragicamente la mancanza. Perché, apparentemente, siamo uomini senza storia, che se hanno vissuto non vale la pena di raccontarlo, che tanto è banale, che tanto è già sentito, che non dice niente di nuovo. Uomini annegati in una quotidianità segnata dai tempi della performance, abituati a sintetizzare stati d’animo, esperienza, nei pochi caratteri concessi da un sms o da una comunicazione nei social network. Quello spettatore deve ritornare al centro del nostro sguardo. Bisogna dialogare con una necessità, potente, del pubblico, di ritornare attivo fino in fondo, di ricollegare arte e vita, fruizione e consumo delle parole con pratiche di tempo condiviso, di atto creativo collettivo. L’arte può riaprire in direzione del mondo dei possibili e delle relazioni, essere a sua volta luogo delle relazioni, tra gli artisti, e tutti sappiamo come questo non sia scontato, e tra artisti e pubblico .Un teatro dello spettatore individua nel teatro uno dei luoghi possibili, certo, non l’unico, ma comunque un luogo estremamente interessante, per la sua forma fisica, nella sua radice antropologica profonda di essere stato soprattutto luogo delle relazioni e della comunità.
Nasce da una scommessa alta: la voglia di riconoscere allo spettatore non solo il ruolo di un interlocutore attivo e centrale, ma anche un ruolo drammaturgico. Nella fiducia che una comunità creativa di spettatori possa oggi incidere sulle storie che ascolta e rilancia, segnare punti di riflessione e di sensibilità, rendere quella riflessione testo, verbo, parola, all’interno di un rito teatrale reinventato. Domande sullo spettatore che si pongono all’interno della riflessione più generale sull’atto narrativo oggi. Sul suo evolversi e cambiare all’interno di un mondo straordinariamente muovo e mutante, sul sentire come il mondo e i suoi linguaggi cambino profondamente il modo di essere e di pensarsi delle pratiche e delle discipline artistiche.
È necessario ritornare al pubblico, per definire dei punti di vista, delle intuizioni poetiche, che ci aiutino ad attraversare un territorio sconosciuto, essendo sprovvisti di mappe e senza maestri rassicuranti alle spalle.
DALDA
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